domenica 11 marzo 2012

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lunedì 28 febbraio 2011

Esercizio fisico elisir di lunga vita

Ringiovanimento sistemico mitocondriale grazie all'esercizio aerobico. Un approccio terapeutico efficace per mitigare la disfunzione mitocondriale nell'invecchiamento e le comorbidità correlate.

Un lavoro in corso di pubblicazione su PNAS mostra come l'esercizio di resistenza sia in grado di:
indurre biogenesi mitocondriale
impedire la deplezione del DNA mitocondriale e le sue mutazioni
aumentare la capacità ossidativa mitocondriale e la funzionalità della catena respiratoria
restaurare la morfologia mitocondriale
ridurre i livelli patologici di apoptosi

Nell'insieme questi adattamenti sono in grado di conferire una completa protezione fenotipica, ridurre le patologie multisistemiche e impedire la mortalità prematura degli animali utilizzati nello studio (mtDNA mutator mouse)

In particolare ogni tessuto ed ogni organo esaminato era migliore nei topi sotto esercizio rispetto a quelli sedentari, compresi pelle, capelli, ovaie, testicoli, milza, reni e fegato oltre ai muscoli. Nei non allenati il cervello era ridotto e il cuore allargato, ma erano di dimensioni normali in chi si allenava.
I ricercatori nel commentare i risultati evidenziano come l'effetto anti-aging dell'esercizio fisico sia stato "senza precedenti" e ha protetto ogni parte del corpo.

Reference:
Endurance exercise rescues progeroid aging and induces systemic mitochondrial rejuvenation in mtDNA mutator mice. February 22, 2011, doi: 10.1073/pnas.1019581108. PNAS

domenica 30 gennaio 2011

Camminare e perdere di peso, un accoppiata vincente.

La limitazione della mobilità ha effetti profondi sulla salute e il benessere ed è molto comune tra gli adulti più anziani con disturbi cardiovascolari e cardiometabolici.
Una ricerca condotta presso la Wake Forest University ha scoperto che il più semplice degli esercizi, il cammino, abbinato alla perdita di peso può migliorare la mobilità di ben il 20% negli anziani, obesi e cardiopatici.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Archives of Internal Medicine, è stata condotto per un periodo di cinque anni su di un totale di 288 partecipanti. I ricercatori hanno trovato che la combinazione di perdita di peso e attività fisica funziona meglio per contribuire a garantire salute e funzionalità durante l'invecchiamento.

Per misurare la mobilità è stata adottato il parametro "camminata di 400 metri". Questa è una misura ampiamente usata negli studi sulla disabilità perché per chi non può camminare per questa distanza il rischio di perdere l'indipendenza aumenta drammaticamente.

Reference
W. Jack Rejeski; Peter H. Brubaker; David C. Goff Jr; Lucille B. Bearon; Jacquelyn W. McClelland; Michael G. Perri; Walter T. Ambrosius. Translating Weight Loss and Physical Activity Programs Into the Community to Preserve Mobility in Older, Obese Adults in Poor Cardiovascular Health. Arch Intern Med, Jan 2011

venerdì 7 gennaio 2011

Esercizio fisico e tè verde contro demenza e tumori.

Una sola sessione settimanale di esercizio fisico di resistenza può essere sufficiente per incrementare e mantenere le funzioni cognitive esecutive durante la terza età, con riduzione inoltre dei costi sociali. 
 “Sustained Cognitive and Economic Benefits of Resistance Training Among Community- Dwelling Senior Women: A 1-Year Follow-up Study of the Brain Power Study.” Jennifer C. Davis; Carlo A. Marra; B. Lynn Beattie; M. Clare Robertson; Mehdi Najafzadeh; Peter Graf; Lindsay S. Nagamatsu; Teresa Liu-Ambrose. Arch Intern Med, Dec 13/27, 2010; 170: 2036 - 2038.

Nei pazienti affetti da tumore alla prostata una adeguata attività fisica (> di 3 ore alla settimana) riduce la mortalità cancro-correlata del 61%. 
"Physical Activity and Survival After Prostate Cancer Diagnosis in the Health Professionals Follow-Up Study," Stacey A. Kenfield, Meir J. Stampfer, Edward Giovannucci, June M. Chan, Journal of Clinical Oncology, online January 4, 2011.

Le sostanze benefiche presenti nelle foglie del tè verde si attivano ancor di più con l'azione dei succhi digestivi. In particolare i polifenoli così attivati proteggerebbero dall'insorgenza dell'Alzheimer, altre forma di demenza oltre ad avere un effetto di prevenzione dei tumori
"In vitro protective effects of colon-available extract of Camellia sinensis (tea) against hydrogen peroxide and beta-amyloid (Aβ(1–42)) induced cytotoxicity in differentiated PC12 cells" E.J. Okello, G.J. McDougall, S. Kumar, C.J. Seal. Phytomedicine, In Press, Corrected Proof, Available online 22 December 2010




domenica 26 dicembre 2010

Placebo senza inganno e sindrome del colon irritabile

Pubblicato su PLOS di dicembre
Il placebo funziona anche senza inganno.
Studio su pazienti affetti da sindrome del colon irritabile.

Il placebo è tipicamente utilizzato negli studi clinici come controllo per testare potenziali nuovi farmaci. In queste ricerche i pazienti vengono divisi in due gruppi (farmaco vs placebo) e i dati analizzati per valutare se l'effetto farmacologico sia superiore a quello del placebo. Spesso i dati rilevano una risposta terapeutica anche in chi assume pillole che non contengono principi attivi.  I dati sul placebo sono talmente convincenti che molti medici (uno studio stima il 50% negli stati uniti) somministrano segretamente placebo a pazienti ignari.
Poiché tale "inganno" è eticamente discutibile, Ted Kaptchuk e collaboratori, hanno valutato il potere del placebo in modo onesto e rispettoso. I ricercatori, appartenenti all’Osher Research Center Researchers dell’Harvard Medical School e al Beth Israel Deaconess Medical Center, hanno studiato 80 pazienti affetti da sindrome del colon irritabile, suddividendoli in due gruppi. Un gruppo che fungeva da controllo non ha ricevuto alcun farmaco, l'altro ha ricevuto consapevolmente  placebo. Kaptchuk nell'illustrare le modalità dello studio afferma “Non solo abbiamo chiarito in modo inequivocabile che le pillole erano compresse di zucchero senza principio attivo, ma abbiamo anche scritto ‘placebo’ sulle etichette”. I pazienti sono stati monitorati per 3 settimane. Al termine del periodo di osservazione quasi il doppio dei pazienti trattati con placebo ha mostrato un notevole miglioramento dei sintomi rispetto al gruppo di controllo (59% vs 35%). Inoltre, su altri parametri clinici, i tassi di miglioramento sono stati paragonabili a quelli ottenuti con i più potenti farmaci contro il colon irritabile.
Gli autori avvertono che questo studio apre semplicemente la porta alla nozione che il placebo è efficace anche in paziente pienamente informati. Pur essendo necessari studi più ampi, questi risultati suggeriscono che i trattamenti con placebo anche quando sono somministrati senza nascondersi e con una logica plausibile dei potenziali effetti, possono produrre una risposta benefica.

Placebos without Deception: A Randomized Controlled Trial in Irritable Bowel Syndrome
Kaptchuk TJ et al. PLoS ONE 5(12): e15591.

domenica 19 dicembre 2010

Mortalità e morbilità

Una maggiore aspettativa di vita non è accompagnata da più anni vissuti in salute

Lo rivela una nuova ricerca pubblicata sul numero di dicembre del Journal of Gerontology
Spendiamo più tempo da malati rispetto ad un decennio fa

Dal 1970 al 2005 la probabilità di un sessantacinquenne di sopravvivere fino all'età di 85 anni è raddoppiata, passando dal 20% del 1970 al 40% del 2005. Molti ricercatori presumono che le stesse ragioni che permettono alle persone di vivere più a lungo, comportamenti salutistici e progressi in campo medico possano allo stesso tempo ritardare l’insorgenza di malattie consentendo di spendere meno anni di vita con una malattia debilitante. Questa nuova ricerca condotta da Eileen Crimmins, Gerontologa presso la University of Southern California,  dimostra che il periodo medio di vita trascorso con malattie serie o debilitanti è aumentato negli ultimi dieci anni.
Secondo i dati della ricercatrice la possibilità di vita in salute di un ventenne di oggi si è ridotta di un anno rispetto ad  un coetaneo di un decennio fa, anche se l'aspettativa di vita è cresciuta.
"Abbiamo sempre dato per scontato che ogni nuova generazione fosse più sana e longeva di quella precedente" ha spiegato Crimmins, "tuttavia, la compressione della morbilità può essere illusoria quanto l'immortalità."
Un maschio di 20 anni nel 1998 poteva aspettarsi di vivere altri 45 anni senza almeno una delle principali cause di morte: malattie cardiovascolari, cancro e diabete. Il numero di anni è sceso a 43,8 anni nel 2006, con la perdita di più di un anno. Per le giovani donne giovani l’aspettativa di vita senza malattie gravi è scesa da 49,2 anni a 48 anni, negli ultimi dieci anni.
“Ci sono prove sostanziali che abbiamo fatto poco per eliminare o ritardare l’insorgenza delle malattie, mentre abbiamo ridotto la morte per malattie” ha spiegato Crimmins “ allo stesso tempo c’è stato un aumento significativo dell’incidenza di certe malattie croniche, specialmente il diabete”. Dal 1998 al 2006 è aumentata inoltre la prevalenza delle malattie cardiovascolari fra gli uomini, del cancro in entrambi i sessi e del diabete dai 30 anni in poi. Inoltre è aumentata la percentuale di popolazione affetta da più di una patologia.
“I problemi crescenti legati all’obesità, ipertensione e ipercolesterolemia sono le prove concrete che la salute umana non migliora attraverso le generazioni” ribadisce la Crimmins,  “non sembra che ci si stia muovendo verso un mondo dove arriviamo alla fine della vita senza provare un periodo significativo di malattia, perdita di funzionalità o disabilità”.


References:
Crimmins and Beltrán-Sánchez. "Mortality and Morbidity Trends: Is There Compression of Morbidity?" J Gerontol B Psychol Sci Soc Sci (2011) 66B (1): 75-86.